Al centro c’è l’altare maggiore, rivolto verso il popolo fin dal 1674 per volere del vescovo Gregorio Barbarigo. Venne costruito nel 1724 da Francesco Zanini, ricomponendo l’altare precedente intarsiato nel 1674 dai Corberelli, fratelli fiorentini che hanno operato a Padova. L’intarsio rappresenta motivi floreali e uccelli, utilizzando marmi policromi e madreperla su sfondo nero

Si sviluppa in tre ordini di stalli. E’ stato costruito nel 1648 e abbelliva il Duomo vecchio. Nel 1724 venne ad abbellire il Duomo nuovo, con l’aggiunta di sedili ad opera dell’intagliatore estense Antonio Ghisoni. Nel coro prendevano posto i canonici per la preghiera delle ore e la partecipazione all’Eucaristia. Il seggio centrale era riservato all’arciprete del Duomo.

Nell’ambone si proclama in ogni celebrazione la Parola di Dio. Il pannello centrale rappresenta a bassorilievo l’immagine di Santa Tecla.

Alle pareti laterali del presbiterio si possono ammirare due affreschi di Giovanni De Min (1786-1859).

Furono eseguiti da Giovanni De Min, pittore neoclassico molto stimato al suo tempo, tra l’ottobre 1853 e il marzo 1854. Durante questo periodo fu ospite del conte Albrizzi, nella sua villa di Este.

Sulla parete di destra è raffigurata la PREDICAZIONE DI SAN PROSDOCIMO AL POPOLO ATESTINO, ambientata sul declivio di un colle, sotto un enorme castagno, con lo sfondo che si apre verso i colli Euganei a partire da Calaone, paese in collina sopra Este.

Sulla parete di sinistra è raffigurata la CONVERSIONE DI SANTA TECLA PER OPERA DI SAN PAOLO che potrebbe essere meglio intitolata “Professione di fede di santa Tecla davanti a San Paolo”. La scena è ambientata nell’atrio di un grandioso tempio pagano in cui ci sono scalinate, enormi colonne e statue di divinità infrante che lasciano il posto al segno della Croce. Le persone raffigurate si dividono in due gruppi: chi accoglie il messaggio di Cristo come Santa Tecla e chi invece si allontana continuando a seguire le antiche divinità.

Il pittore interpreta personalmente e simbolicamente il momento della conversione di santa Tecla. La vita leggendaria della Santa racconta che Tecla, dopo il miracolo del fuoco spento dal cielo, essendo fuggiti tutti coloro che volevano ucciderla si era nascosta a casa di un cristiano di nome Onosifero, dove si trovava san Paolo con altri credenti che avevano pregato per lei; qui venne battezzata dall’apostolo San Paolo.

A fine Ottocento questi affreschi hanno ricevuto numerose critiche (qualcuno aveva pensato di coprirli e sostituirli con altre tele). In realtà sono un esempio notevole del Neoclassicismo aulico e solenne dell’Ottocento, periodo in cui l’autentica ispirazione religiosa lascia il posto ad un recupero un po’ freddo delle figurazioni e ambientazioni ispirate al mondo classico.

Pittore e incisore nato a Belluno il 24 ottobre 1786 e morto a Tarzo il 23 novembre 1859.

Fu allievo di Paolo De Filippi che, notandone le precoci qualità, nel 1803 lo avviò all’Accademia di Venezia dove, assieme a Francesco Hayez, divenne allievo del pittore toscano Teodoro Matteini.

Dal 1808 al 1817, sempre con l’Hayez, fu inviato a Roma da Leopoldo Cicognara, preside dell’Accademia, con una pensione triennale per perfezionare la propria arte. Qui conobbe il Canova divenendone prezioso collaboratore.

Nel 1817 tornò in Veneto dove ha lasciato diversi lavori (spesso di grandi dimensioni) a tema sia religioso, sia mitologico.

L’influenza neoclassica del Canova verrà espressa dal De Min soprattutto attraverso l’affresco, come si può vedere nella Sala Consiliare di Palazzo Rosso a Belluno, in Villa Patt a Sedico e nelle opere del 1837 nel salone di Villa Gera a Conegliano. Nei suoi primi lavori il pittore si dimostra misurato e ben legato allo stile del maestro, ma le opere più tarde sono più drammatiche.

È sepolto nella cattedrale di Vittorio Veneto (TV).

Sopra l’altare maggiore è sospeso l’imponente baldacchino pensile in legno dorato, disegnato da Sebastiano Lazzari, pittore veronese, e scolpito nel 1776 dall’intagliatore estense Gaetano Vajenti (1711-1793). Il baldacchino indica, secondo il linguaggio dei segni, che sopra l’altare dove si celebra l’eucaristia c’è la presenza di Dio. Egli non si nasconde ma si manifesta come indicano i primi due angeli esterni che aprono e solevano il drappo e si vede il dipinto che raffigura l’occhi di Dio. Dio si manifesta anche attraverso il libro della legge (le due tavole dei comandamenti a sinistra) e i Vangeli (il libro aperto a desta). L’eucaristia che viene celebrata sull’altare assume gli elementi semplici del pane e del vino (rappresentati dalle spighe e dai grappoli d’uva); la forza dello Spirito Santo (rappresentato dalla colomba in alto) li trasforma nella presenza dell’amore di Gesù. La statua della donna al centro raffigura la Chiesa: è velata perché la comunità dei credenti vive nel tempo con la forza della fede. Ha due chiavi in mano che rappresentano la fede e la carità che la Chiesa deve sempre custodire. La croce a sinistra e l’asta con in ramo di bacche a desta indicano la fede della Chiesa in Gesù morto e risorto.

La grandiosa pala absidale è opera firmata di Giovan Battista Tiepolo (1696-1770), eseguita e consegnata nel 1759. Raffigura Santa Tecla che prega Dio Padre per la liberazione di Este dalla peste del 1630. È sicuramente il capolavoro del Tiepolo tra i suoi dipinti a carattere religioso. L’opera fu voluta dalla Magnifica Comunità estense. Per saperne di più leggi tutto