Le sacrestie attuali comprendono tre ambienti: la sacrestia dei Mansionari, ora cappella per la preghiera feriale, la sacristia dei Canonici e la Quadreria.

Vi si accede attraverso la porta sinistra del Duomo, vicina al presbiterio, che immette in un ampio atrio con una grande scala che porta all’oratorio di San Valentino.

Questi vari locali raccolgono circa 70 quadri e opere d’arte di proprietà della parrocchia del Duomo: una significativa raccolta di dipinti con opere che vanno dal Quattrocento all’Ottocento. Il primo nucleo di dipinti proviene da un lascito dell’Arciprete Marco Marchetti nel 1708. Successivamente nel 1749 ci fu una donazione di 8 dipinti appartenenti al famoso canonico padovano Jacopo Facciolati. Altre opere sono lasciti di altri canonici e curati del Duomo.

Le leggi napoleoniche, prima nel 1806 con l’abolizione delle confraternite e la drastica riduzione dei conventi e monasteri e poi nel 1810 con la soppressione di tutti gli ordini religiosi, istituti, collegiate, monasteri e abbazie, portarono alla vendita di preziosi dipinti e arredi. Alcune opere si sono salvate ed in periodi successivi entrarono a far pare del patrimonio del Duomo.

Gli spazi delle sacrestie del Duomo furono restaurati tra il 1978 e 1988 e oggi compongono le due sacrestie e la Quadreria. Accanto a dipinti di notevole valore artistico, sono esposte anche molte opere minori che rappresentano una memoria storica per il loro legame con fatti e personaggi estensi.

Entrando nel grande atrio, a sinistra, troviamo una lapide che ricorda il famoso estense Gaspare Lonigo (1578-1663) che fu dottore in Filosofia, Teologia e Diritto, professore allo Studio Patavino, canonico e teologo del Duomo di Este. La lapide si trovava nell’antico Duomo ed è l’unica che è stata nuovamente esposta nel nuovo Duomo. Molte altre sono andate perdute.

Subito dopo, sopra la porta che immette nelle sacrestie, dentro la cornice ottagonale sagomata a stucco, si trova una tela con lo Stemma del Capitolo Atestino, costituito dalla figura di Santa Tecla. Vi fu apposto dal 1714.

Nel vano da cui parte la grande scala che porta all’Oratorio di San Valentino troviamo un Lavabo con vasca in marmo rosso di Verona e dossale con putti in marmo bianco da Carrara, opera recente del 1926 dello scultore estense Antonio Zannini. Serviva ai sacerdoti, che prima del Concilio Vaticano II, si lavavano le mani recitando preghiere penitenziali in preparazione alla celebrazione dell’Eucaristia.

In alto la tela ovale in cornice dorata con il ritratto di San Gregorio Barbarigo è stata dipinta dall’estense Federico Tuzza (1859-1933) verso il 1925 per ricordare il terzo centenario della nascita del santo vescovo.

In una piccola nicchia, incorniciata in pietra tenera si trova dal 1993 una ottocentesca Icona della Madonna col Bambino di origine polacca, dono di Padre Gianni Girardi, missionario comboniano nativo di Este.

Acquasantiera di San Girolamo: è costituita da un piccolo Angelo in marmo bianco di Carrara, posato su un basamento di rosso di Verona e sorreggente una grande conchiglia per l’acqua benedetta. Fino al 1958 si trovava nella chiesa di san Girolamo ora demolita; nel 1960 fu portata in Duomo. E’ un’opera della fine del Seicento pervenuta nella chiesa di san Girolamo nei primi decenni dell’Ottocento.

Al centro un grande Crocifisso, in legno policromo, proveniente dalla Chiesa di Santo Stefano, opera probabilmente della metà del Quattrocento quando in Santo Stefano ebbero sede dal 1452 al 1474 i Penitenti dell’Terz’ordine francescano.

All’inizio della grande scala che sale all’Oratorio di san Valentino, a destra, troviamo la Lapide con iscrizione funebre dedicata a Taddeo d’Este (+1448) e Bertoldo d’Este (1434-1463) discendenti del ramo cadetto dei Marchesi d’Este, condottieri della Repubblica di Venezia. L’iscrizione si trovava inserita nel monumento sepolcrale dei due condottieri, fatto costruire nel 1464 da Borso d’Este nella Chiesa di San Francesco. Fu collocata dai Canonici del Duomo in questo luogo nel 1815. Il resto del monumento sepolcrale andò perduto: del monumento resta un disegno a penna e una descrizione fatta verso il 1570 dal notaio estense Bartolomeo Lonigo.

Sopra la lapide la Canonizzazione di San Lorenzo Giustiniani: è una grande tela del pittore estense Antonio Zanchi (1631-1722), tra i più illustri esponenti della pittura veneziana del seicento. Fu commissionata nel 1702 dall’arciprete Marco Marchetti, per essere collocata sul fondo absidale del Duomo. La parte superiore rappresenta la Gloria di San Lorenzo Giustiniani, primo patriarca di Venezia (1381-1456) canonizzato nel 1690: intorno al santo, l’eterno Padre, san Marco e santa Tecla. La parte inferiore raffigura l’omaggio al papa Alessandro VIII da parte della Repubblica di Venezia, rappresentata dai vescovi delle diocesi venete e dall’abate Marco Marchetti che offre il cero rituale al pontefice. A destra in basso si trovano l’autoritratto dello Zanchi a 71 anni di età e la firma “Antonio Za^chi 1702 estenze f.” Tra i vescovi si può notare il volto di San Gregorio Barbarigo.

Il dipinto rimase nell’abside del Duomo fino al 1748, quando il cardinale Rezzonico, in visita pastorale, volle che fosse rimosso perché giudicato non adatto alle regole liturgiche che prevedevano come soggetto per una pala l’altare la rappresentazione di un momento della vita di Cristo oppure del “Titolare del tempio”, nel caso del Duomo Santa Tecla patrona di Este. Questo spostamento incentivò tra gli estensi la necessità di realizzare una nuova pala per il presbiterio e fu scelto il Tiepolo, uno dei più importanti pittori veneziani dell’epoca. Fino al 1853 occupò una parete laterale del presbiterio, poi passò nella chiesa delle Consolazioni e nel 1904 fu qui collocato dopo un restauro dell’estense Federico Tuzza. L’ultimo restauro venne eseguito dai fratelli Volpin nel 1974.

Croce processionale di San Girolamo: opera dell’orafo atestino Angelo Urbani (1755-1832) realizzata verso il 1785. Proviene dalla demolita chiesa di san Girolamo e serviva per le processioni solenni.

Calvario. E’ composto da tre immagini di epoca diversa: Il Crocifisso, la Beata Vergine e San Giovanni evangelista. Il crocifisso in legno policromo si rifà alla sensibilità del Seicento, mentre le due immagini della Madonna e di San Giovanni possono appartenere alla seconda metà del Quattrocento.

Edicola con la Madonna in trono col Bambino. E’ una scultura in pietra, originariamente policroma, proveniente dall’antino Duomo; è un’opera della metà del Trecento, di ambito veronese. Nel Seicento era venerata anche con il titolo di Madonna della Salute. Nel 1902 fu sistemata in questa nicchia, ricostruita e decorata a forma di edicola neogotica e scolpita dal Angelo Scarante (1845-1910).

Immagine del Sacro Cuore di Gesù, dipinta nel 1882 su tela ovale: l’autore è Leonardo Gavagnin (1809-1887) stimato autore con parecchie opere nelle chiese di Venezia.

Dopo la porta di ingresso dell’Oratorio di san Valentino troviamo la tela raffigurante la Madonna Addolorata. Proviene dalla chiesa di San Girolamo. La preziosa cornice in legno è opera dell’estense Antonio Rossetti mentre la tela ha i tratti caratteristici dei dipinti di Bartolomeo Litterini (1669-1745).

A partire sa sinistra troviamo queste opere:

L’annunciazione della Beata Vergine Maria: opera seicentesca dipinta su due pannelli. Fu conservata nel patronato Redentore di Este fino al 1987: quasi sicuramente apparteneva alla chiesa dell’Annunziata dalla quale il Patronato ricevette alcuni arredi nei primi decenni del novecento.

Il martirio di san Giovanni Battista: è opera tardo settecentesca di Giuseppe Menegoni da Montagnana (1745-1822). Rimase collocata in Duomo sull’altare di San Giovanni Battista fino al 1831; poi l’altare fu dedicato alla Beata Beatrice d’Este.

L’annunciazione della Beata Vergine Maria: proviene dall’abside alla demolita chiesa dell’Annunziata, conosciuta anche come “la Madonnetta”ed è firmata dal pittore vicentino Antonio De Pieri dello lo Zoppo (1671-1751).

L’adorazione dei pastori di pittore ignoto veneto, dipinto della fine del Cinquecento o dei primi anni del Seicento; incerta è la sua provenienza.

Sopra si trova un piccolo quadro: la Sacra Conversazione con la Madonna seduta con il libro in mano, Gesù Bambino e San Giovannino che si incontrano. Databile alla seconda metà del Cinquecento, non si conosce con precisione la provenienza.

Madonna della Provvidenza con Maria in trono col Bambino, San Girolamo con libro, la pietra e il leone ammansito e san Filippo Neri con il giglio e il libro. E’ una tela centinata che si trovava nel fondo absidale della chiesa di San Girolamo ora distrutta; è opera tarda di Antonio Zanchi. Fu dipinta probabilmente verso il 1709 per siglare la concordia tra le due Confraternite un po’ antagoniste di san Girolamo e della Provvidenza.

Sopra la porta, dentro una cornice dorata settecentesca, è conservato un Ritratto del Beato Gregorio Barbarigo: si trovava nell’oratorio di san Carlo, ora demolito, e fu fatto eseguire nel 1762 dalla Confraternita della Dottrina Cristiana in memoria del santo vescovo che nel 1674, in visita pastorale, volle che vi si tenesse per i ragazzi della contrada una scuola di catechismo diretta da laici.

Pala d’altare detta di san Carlo che raffigura la Madonna con il Bambino, i santi Carlo Borromeo, Sant’Andrea apostolo, san Francesco Saverio nell’atto di venerare il Bambino Gesù. Fu dipinta e consegnata nel 1715 per l’altare voluto in Duomo dalla nobile famiglia veneziana dei Contarini e vi rimase fino al 1906. Successivamente venne sostituita dalla Pala del Sacro Cuore di Gesù.

Sulla parete in fondo dietro l’altare della cappella si conserva la Pietà di Antonio Zanchi, così chiamata dal canonico Francesco Angelo Goldini. In alto c’è l’immagine di Cristo morto, in grembo alla Madre; più in basso a fare da corona sono raffigurati San Prosdocimo, primo vescovo di Padova, San Sebastiano martire, San Francesco di Paola con il simbolo Charitas, san Francesco Saverio missionario in estremo oriente, san Biagio vescovo e martire, San Bellino vescovo con in mano il simbolo della chiave. Fu ordinata dal curato del Duomo don Benedetto Longinato. La cornice a stucco è del 1725 e impreziosisce il dipinto.

Sulla parete di destra, sempre di Antonio Zanchi, sono le 4 tele che rappresentano i Padri delle Chiesa occidentale: Sant’Agostino (riconoscibile dal bambino che tiene in mano il cucchiaio), Sant’Ambrogio di Milano, San Girolamo (con il leone ammansito), san Gregorio Magno con le insegne papali. Provengono dalla chiesa di San Girolamo e decoravano l’area del presbiterio.

Al centro della parete di destra L’ultima cena di Gesù con gli apostoli, opera tarda dello Zanchi si trovava fino al 1940 nella chiesa dell’Annunziata. Faceva coppia con un dipinto delle stesse misure raffigurante la Misericordia verso i poveri, della fine del Seicento che attualmente si conserva nella canonica del Duomo. Da ricordare che vicino a questa chiesa dell’Annunziata esisteva l’antico ospedale dei poveri, diretto dalla Confraternita dei Battuti di Este dal 1267 al 1806 anno delle soppressioni napoleoniche. Per questo vari dipinti si ispirano al tema della carità e della dignità dei poveri.

Dalla chiesa dell’Annunziata provengono altri due dipinti dello Zanchi: san Girolamo e l’Angelo del Giudizio e Giobbe deriso dalla moglie. Altri sette dipinti della stessa serie erano esposti sulle pareti della medesima chiesa e nella sacrestia: il martirio di San Bartolomeo, il sacrificio di Isacco e cinque tele che rappresentano Storie dell’infanzia di Mosè. Questi dipinti ora sono conservati nel deposito del Duomo.

Tre Sacri Cuori: proviene dalla chiesa di san Girolamo. Rappresenta la devozione che voleva estendere la venerazione del Sacro Cuore, oltre che a Gesù e Maria, anche a san Giuseppe: tale devozione di diffuse in Francia nella prima metà dell’Ottocento ma venne poi proibita nel 1879 dalla congregazione vaticana dei riti. Il dipinto si conservò perché venne sovrapposta un’immagine oleografica del Sacro Cuore di Gesù.

Da notare anche i banchi della cappella: sono opere originali volute nel 1715 dal capitolo dei Canonici del Duomo. Erano cinquanta banchi con doppio inginocchiatoio e sedile ribaltabile, alcuni decorati con iscrizioni e stemmi delle famiglie di Este.

Il paliotto dell’altare in legno intagliato e dorato fu realizzato dall’estense Antonio Rossetti nel 1896. Al centro è ricamato su seta il simbolo del sacro Cuore.

I mobili sono tutti originali del Seicento e del Settecento. Dei 14 armadi che servivano per l’uso personale dei canonici e dei mansionari del Duomo, otto sono conservati in questa stanza e altri sei si trovano in altri locali sempre del Duomo.

Nella parete di fronte al centro, la credenza da Sacrestia con la grande spalliera intagliata e intarsiata con un prezioso crocifisso centrale e due putti angelici sulla parte più alta dell’opera. La data di realizzazione è il 1726.

Entrando a destra Armadio a cassettoni per gli arredi del Duomo. Apparteneva alla confraternita della Morte ed è della metà del Seicento.

Anche le sedie sono documentate nei primi decenni del Settecento.

Entrando a destra sopra l’armadio a cassettoni Bassorilievo della Beata Vergine col Bambino, in stucco policromo e dorato racchiuso da cornice lignea settecentesca. Era originariamente custodito nell’Oratorio di San Carlo. Poi nel Novecento lo troviamo nella Chiesa delle Consolazioni fino al 1993 quando fu collocato in questa sacristia. E’ un’opera riferibile all’attività diretta della bottega fiorentina di Antonio Rossellino (1427-1479). Raffigura la Madonna che accoglie sulle ginocchia seduto su un cuscino il bambino Gesù che tiene tra le mani un cardellino, simbolo della passione.

Tavola con dipinta la Beata Vergine col Bambino: era stata attribuita in passato ad Andrea Dal Santo ma questa attribuzione on sembra sostenibile. Cronologicamente si può pensare ad un’opera della metà del Cinquecento.

Il Cristo Spogliato: l’autore è ignota ma ha alcuni riferimenti ai modi e disegni di Durer e alla Scuola tedesca del XVI secolo.

Due tele che rappresentano San Pietro con le chiavi in mano e san Paolo con la spada in mano. Sono entrambe della fine del Seicento e sono opera di Pietro Bellotti, pittore bresciano abile nel trattare l’incisività dei volti.

Ai lati della sala quattro immagini degli Evangelisti: di difficile attribuzione. Uno dei dipinti, San Giovanni evangelista, sembra indicare una data (forse il 1651) ma molte sono le abrasioni  in quel punto. Hanno un certo legame con la scuola bolognese della metà del Seicento.

Sempre ai lati della sala Due tele di Antonio Zanchi rappresentano la Fede e la Carità. Forse sono state dipinte nel 1714 al momento in cui è stata realizzata la nuova sacrestia dei Canonici sotto l’Oratorio di San Valentino. Sopra le due tele i ritratti in forma ovale che raffigurano i vescovi padovani Giovanni Minotto Ottoboni e Pietro Valier.

Come sovrapporte: due tele piuttosto rovinate per ritocchi malamente riusciti, opere di anonimi pittori del Seicento. Rappresentano il giudizio finale di Salomone e la cena di Emmaus.

Questo vano, ora chiamato Quadreria, corrisponde in buona parte alla cappella votiva di santa Tecla del 1631. Qui sono esposte opere di diversa epoca e provenienza che erano dislocate e disperse in vari ambienti e depositi della parrocchia. Sono state esposte qui nel 1987 dopo un adeguato restauro.

Entrando a sinistra si può ammirare la grande tela del Miracolo di San Domenico: è opera di Pietro Damini da Castelfranco (1592-1631). E’ arrivata ad Este nel 1817 dopo essere stata esposta nella soppressa chiesa di Sant’Agostino a Padova. Raffigura san Domenico che guarisce il giovane Napoleone Orsini caduto da cavallo. E’ firmata in basso a sinistra “Petrus de C. Franco” e risale agli anni 1620-1622. Faceva parte di una serie di teleri dello stesso Damini collocati nella chiesa di Sant’Agostino a Padova i quali llustravano la vita di San Domenico. La tela inizialmente era esposta in Duomo in presbiterio e vi rimase finchè non furono realizzati nel 1853 gli affreschi di Giovanni De Min. Fu poi trasferita nella Chiesa delle Consolazioni fino al 1904. Poi fu messa in deposito a causa delle sue grandi dimensioni e la non facile collocazione. Venne esposta qui in questa grande parete nel 1987.

A destra e a sinistra della grande tela e nella parete di destra si possono ammirare Ritratti di Pontefici e Vescovi che venivano esposti abitualmente nelle sacrestie:

I papi: Papa Innocenzo XII (papato dal 1691 al 1700), Papa Alessandro VIII (papato dal 1689 al 1691) entrambe opera dello Zanchi. Papa Clemente XI (papato dal 1700 al 1721) e Papa Innocenzo XIII (papato dal 1721 al 1724), Beato Innocenzo XI (papato 1676-1689).

I vescovi: Giorgio Cornaro, Gianfranco Barbarigo, Gregorio Barbarigo e Carlo Rezzonico.

Santa Maria Maddalena penitente. Si trovava nella Chiesa di san Girolamo ed è riferibile ai primi anni del Settecento.

Tavola centinata che raffigura Beata Beatrice d’Este. E’ stata trovata nel 1710 presso un’abitazione rurale sul monte Gemola, annessa all’antico monastero dove è vissuta la beata. Fu poi donata al Duomo nel 1752. Fu restaurata nel 1976 dai fratelli Volpin e ripulita da ridipinture del Seicento e Settecento che avevano modificato il fondo dipingendo un paesaggio collinare e modificando i simboli della Beata (vesta nera, una colomba sopra il libro e un crocifisso innestato sopra il bastone). Ora si vede una santa con il pastorale, il libro e l’abito del Benedettini Albi del XIII secolo. L’icona originale potrebbe rappresentare santa Scolastica e non Beata Beatrice. Può essere considerata opera del tardogotico padano databile verso la metà del Quattrocento.

La Santissima Trinità: pala d’altare proveniente dalla Chiesa di San Girolamo ora distrutta. Raffigura Dio Padre insieme a due padri della Chiesa occidentale, Agostino, e orientale, Atanasio. Questi due santi sono stati grandi teologi e forti difensori della fede nella Trinità. Contro l’arianesimo che la negava. Per la luminosità e la brillantezza il dipinto rimanda ai modi di Giambattista Pittoni.

Cristo Portacroce: tavola di Scuola Cretese-Veneziana con richiami evidenti alla scuola bizantina. Gesù è raffigurato a mezzobusto coronato di spine, che porta sulle spalle la croce.

Madonna coronata di Stelle: si fa notare per brillanti e luminescenti colori, per i tratti delicati del volto e della mani. Può essere databile verso il 1780.

Il buon samaritano: si rivela quasi una copia dello Stesso soggetto conservato a Vienna nel Kunsthistorisches Museum, assegnato a Francesco Da Ponte (1549-1592) della famiglia detta dei Bassano. Molti sono gli elementi comuni a queste due tele che ne fanno sicuramente un’opera sorta nell’ambito dei Bassano.

Un dipinto con San Girolamo penitente e un quadro con raffigurato Tobia e l’Angelo Custode: entrambi dovevano far parte dell’arredo della canonica del duomo.

Alcuni quadri di Santi che venivano esposti in Duomo in occasione delle loro feste e poi conservati in sacrestia. San Francesco Saverio, san Gaetano da Thiene (eseguito nel 1725), San Pietro e Paolo, San Francesco di Sales.

Ritratti di arcipreti e canonici: ritratto ovale dell’arciprete Pietro Zanini (1713-1769), Marco Antonio da Vo’ (1648-1720), Gaetano Rizzardi (1766-1838) dipinto nel 1835 da un pittore di Augsburg, Domenico Chiavellati (1721-1806), Martinelli Lorenzo (1762-1824), Angelo Fontanarosa (parroco al Duomo dal 1841 al 1851), Agostino Zanderigo (1807-1882) realizzato nel 1876 dal pittore padovano Achille Astolfi.

Modelli di gesso dei Quattro Evangelisti, opera dello scultore estense Gino Vascon (1887-1968) bozzetti preparati per le corrispettive statue da collocarsi nelle quattro nicchie in Duomo.

Stele Funeraria di epoca imperiale romana, proveniente dalla zona della Chiesa di Santo Stefano. E’ quanto resta di un importante monumento che può essere collocato nella prima metà del I secolo a.C. Doveva essere altro almeno tre metri ed è dedicato a cinque defunti. Nella parte alta sulla destra si distingue chiaramente un delfino, simbolo funerario frequente. Le figure dei coniugi sono incavate nella nicchia e risultano con i volti e le mani rovinate. Nella nicchia sottostante vi dovevano stare sicuramente tre busti di cui si riconosce il primo femminile, che è stato completato e rovinato nel volto; quello centrale sembra essere stato appena abbozzato e quello a destra nemmeno iniziato. Potrebbe essere un monumento funerario non finito. L’iscrizione permette di individuare la citazione della Gens Turrania. Possiamo dire che documenta la presenza ad Este della Gens Turrania presente sicuramente a Vicenza, Concordia e Aquileia.

A sinistra dell’entrata si può vedere la copia della Prima Pietra del nuovo Duomo benedetta da San Gregorio Barbarigo, rappresentato da una statua lignea. Il santo vescovo di Padova venne a Este la domenica 14 maggio 1690 e benedisse la pietra ora posta nelle fondazioni sotto la solgia della porta maggiore.

Sopra l’armadio a cassetti si può ammirare una piccola tela ovale che rappresenta San Luigi Gonzaga.

Al centro della sala sono esposti due crocifissi uno proveniente dalla chiesa di Santo Stefano  e l’altro dall’Oratorio di san Carlo.