UN NUOVO MESSALE
PER VIVERE IN PROFONDITA’ L’EUCARISTIA articolo 1

 

Nelle prossime tre domeniche vengono offerte tre schede che presentano il Nuovo Messale che inizieremo ad utilizzare con il tempo di Avvento dal 29 novembre. Un modo per prepararci alle novità che il nuovo messale prevedere e vivere in maniera più consapevole la liturgia eucaristica.
Acconto alla conoscenza di queste novità ricordiamo quello che ci dice Papa Francesco: «Sappiamo che non basta cambiare i libri liturgici per migliorare la qualità della Liturgia. Fare solo questo sarebbe un inganno. Perché la vita sia veramente una lode gradita a Dio, occorre, infatti, cambiare il cuore. A questa conversione è orientata la celebrazione cristiana, che è incontro di vita col “Dio dei viventi” (Mt 22,32)».

Chi ha una certa età ricorderà il rito della Messa in latino che tutte le parrocchie hanno utilizzato fino alla fine degli anni sessanta: era il Messale di Pio V in vigore dal 1570.
Il Concilio Vaticano II, iniziato nel 1962, avviò la riforma del Messale con il documento Sacrosanctum Concilium che apriva la liturgia alle varie lingue dei popoli.
Nel 1970 venne pubblicato il Messale Romano, detto anche Messale di Paolo VI. L’edizione “tipica” era in latino e poi si avviarono le traduzioni nelle varie lingue: la prima edizione italiana fu consegnata alle parrocchie nel 1975. Ci fu poi una seconda edizione latina, nel 1975, che portava alcune aggiunte e novità. Il lavoro di traduzione e adattamento di questa seconda edizione ha condotto alla pubblicazione, nel 1983, della seconda edizione italiana, che corrisponde al Messale che sinora abbiamo usato in parrocchia.
Nel 2003 fu fatta una terza edizione latina che ora è stata tradotta in italiano e dal 29 novem-bre, prima domenica di Avvento, inizieremo ad usare nelle nostre celebrazioni eucaristiche.

Perché questa terza edizione?
La terza edizione del Messale romano conferma in larghissima parte il testo precedente del 1983 in uso finora nelle nostre celebrazioni, ma offre una migliore e più attenta traduzione di alcune espressioni e di singoli vocaboli, nei casi in cui si è valutata una reale necessità di intervento e un effettivo guadagno in ordine alla fedeltà al testo latino, alla ricchezza del contenuto, alla qualità letteraria, alla comprensione, alla cantabilità. Questa terza edizione cerca di uniformare i testi del Messale alla nuova traduzione della Bibbia avvenuta nel 2008 e che stiamo ascoltando nelle nostre celebrazioni alla domenica nelle letture della liturgia della Parola.

Qualcuno potrebbe dire che il libro del Messale, è un argomento esclusivo del sacerdote che lo utilizza durante la Santa Messa.
In realtà il Messale appartiene a tutti i credenti che celebrano l’Eucaristia, non solo perché in esso sono presenti le preghiere che tutta l’assemblea è chiamata a dire e le risposte che è invitata a dare. Il riferimento ultimo dei testi e dei gesti proposti dal Messale è sempre l’intera assemblea celebrante, chiamata a riconoscere in questo libro uno strumento al servizio del dono di celebrare; il dono di radunarci in assemblea e di diventare comunità come Lui ci vuole; il dono di interrompere il «fare» delle mille attività quotidiane per «stare» davanti al Signore; il dono di poter portare la propria vita alla sorgente della Parola, dell’amore del Signore; il dono di poter ritrovare ciò che sta all’inizio e al termine della nostra fede e del nostro «agire», vale a dire l’incontro con il Signore che salva nella comunione dei fedeli. Per questi motivi, è cosa buona e giusta conoscerne le novità e apprezzarne insieme i contenuti.

Quali cambiamenti?
Per capire i cambiamenti avvenuti occorre andare alle pagine centrali del Messale, quelle che presentano il cosiddetto «programma rituale» della Messa con il popolo. Si tratta «Ordo missae», il Rituale della Messa, che presenta la struttura generale della Messa nella sue parti invariabili.

I riti di inizio
In questa prima parte notiamo piccoli cambiamenti. Nel saluto liturgico si utilizza il plurale «siano» al posto del singolare «sia»:
«La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi».
L’atto penitenziale continua a presentare i diversi formulari offerti dal precedente Messale del 1983. Una variazione di rilievo è nel Confesso a Dio, dove l’assemblea si esprime al maschile e al femminile: «Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli e sorelle…».

Si tratta di un’evidente attenzione rivolta alle esigenze di un linguaggio inclusivo della varietà dei generi, maschile e femminile.

Un’altra novità è che finora all’atto penitenziale si preferiva dire «Signore pietà», «Cristo, pietà», «Signore, pietà», dando la possibilità di sostituire il testo italiano con il greco «Kyrie eleison», «Christe eleison», «Kyrie eleison». Ora, invece, si troverà prima la preghiera in greco, poi la possibilità di dirla o cantarla in italiano. Dietro alla scelta di valorizzare la formula greca «Kyrie eleison» sta la coscienza del fatto che nella Messa già ora si parla… in lingue! C’è l’ebraico, là dove diciamo o cantiamo: «Alleluia» (che significa letteralmente: «lodate Dio»), «Amen» (che significa letteralmente: «è vero», «è così», «così sia») e «Osanna» (che significa: «dona la salvezza»). C’è il latino, dove nel canto si recuperano parole come «Gloria in excelsis Deo». Ed ora pure il greco, con l’invito a far risuonare una delle preghiere evangeliche più importanti; la troviamo infatti nei Vangeli una decina di volte. Il titolo di «Kyrios» è attribuito a Gesù in quanto risorto da morte, mentre termine «eléison» traduce l’ebraico «hannenu» che significa «mostrare misericordia». Questa preghiera in greco non solo mette in comunione con le liturgie dell’oriente (la più antica testimonianza liturgica del suo utilizzo risale al IV secolo, a Gerusalemme), ma fa risuonare nella lingua in cui furono scritti i vangeli una supplica che ci richiama la misericordia di Dio.

Nel Gloria cambia il testo: «E pace in terra agli uomini, amati dal Signore». Il testo precedente “di buona volontà” seguiva l’antica traduzione latina “et in terra pax hominibus bonae voluntatis”; si è cercato di essere più fedeli all’originale greco del testo di Luca, dove gli uomini sono oggetto della benevolenza e dell’amore di Dio. Si dovrebbe dire «e pace in terra agli uomini che egli ama», in linea con la nuova traduzione dei Vangeli, ma un’attenzione alla cantabilità ha portato a modificare la traduzione in «e pace in terra agli uomini, amati dal Signore». Come si può intuire criteri diversi e complementari sono stati applicati nella nuova edizione del nuovo Messale.

La struttura della Liturgia della Parola rimane invariata: anche in questa edizione, come nella precedente, è prevista la possibilità di professare il simbolo apostolico (più breve), insieme a quello niceno-costantinopolitano (il più usato dalle nostre assemblee).

Tra le novità della nuova edizione del Messale Romano, ve n’è una che riguarda le parti musicali. Sono state inserite delle melodie non in appendice ma nel corpo delle preghiere. Questo inserimento è come un invito a cantare di più le parti rituali della Messa. Rispetto ad altre nazioni e ad altre culture, noi cantiamo poco le parti rituali della Messa come le orazioni, oppure il prefazio, o il Mistero delle fede. In Spagna piuttosto che in Romania, in Africa piuttosto che negli Stati Uniti, si sente molto più spesso il sacerdote cantare le parti rituali della Messa. Da noi, quando un prete canta sembra che lo faccia per mettere in mostra le proprie doti canore. In realtà la preghiera cantata, o per meglio dire «cantillata», cioè con una forma di recitativo cantato che è molto diverso dalle altre forme di canto, ha una funzione positiva: quella di ritualizzare la preghiera, così che le parole rivolte a Dio risuonino con una «carica» diversa, come se fossero sottolineate, così da dare maggiore solennità e sottolineare il carattere festivo della celebrazione. In più cantando alcune parti, si è obbligati ad andare meno veloci, più lentamente, così che tutti possano entrare nella preghiera. Spesso, l’effetto del sacerdote che prega è quello di «uno che legge» quasi per conto suo. In realtà, quell’uno che legge è «uno che prega» a nome di tutti e facendo entrare tutti nella preghiera che si fa. L’invito a cantare le parti rituali della Messa corrisponde ad una nuova fase della recezione della riforma liturgica, più attenta a fare della Messa una «celebrazione», piuttosto che un lungo discorso fatto di tante parole.

Nella prossima scheda vedremo le altre parti della celebrazione dell’Eucaristia.

Per approfondire:

 


UN NUOVO MESSALE
PER VIVERE IN PROFONDITA’ L’EUCARISTIA articolo 2

Questa seconda scheda illustra le novità della seconda parte del Rito della Messa, presenti nel Nuovo Messale che inizieremo ad utilizzare con il tempo di Avvento dal 29 novembre 2020. Conoscerle ci aiuterà a vivere meglio la liturgia della domenica e di ogni celebrazione eucaristica.

Dopo i Riti di introduzione e la liturgia della Parola che si conclude con le preghiere dei fedeli inizia la Liturgia eucaristica con il momento della presentazione dei doni e l’offertorio che rimane invariato nei testi e gesti. Subito dopo inizia la preghiera eucaristica.

Le preghiere eucaristiche
La preghiera eucaristica costituisce il cuore della Messa, perché è il momento culminante della preghiera che dà il nome a tutta la celebrazione. Eucaristia, infatti, significa proprio «rendimento di grazie» e fin dall’inizio di questa preghiera, nel dialogo tra il sacerdote e l’assemblea («In alto i vostri cuori… sono rivolti al Signore; Rendiamo grazie a Dio… è cosa buona e giusta»), entriamo nel clima della lode e del ringrazia- mento, a motivo non dei tanti doni che la vita e il Signore possono farci, ma «per Cristo nostro Signore», cioè a motivo del «dono» per eccellenza del Signore Gesù e della sua Pasqua, che non viene mai meno. Nella Messa del Vaticano II, non è il prete a celebrare di fronte al popolo (versus populum), ma il prete è colui che preside l’assemblea che celebra rivolta al Signore che si fa presente sull’altare.

Rispetto al Messale precedente non ci sono grandi cambiamenti: ci sono le prime quattro preghiere eucaristiche (la I detta anche Canone Romano, la II ispirata all’antica preghiera di Sant’Ippolito, la III composta subito dopo il Concilio e la IV che si ispira alla preghiera orientale di San Basilio) e poi le altre cinque (le due preghiere per la Riconciliazione e le tre forme della preghiera eucaristica per le Messe «per varie necessità»).

Le preghiere eucaristiche hanno parti comuni: il dialogo iniziale, il Santo, le parole della consacrazione nel racconto dell’istituzione, l’anamnesi (Mistero della fede e altre formule), la dossologia finale “per Cristo, con Cristo e in Cristo…”; sono identiche nelle diverse preghiere e non sono state cambiate. Nelle altre parti di queste preghiere ci sono state alcune piccole modifiche. Ad esempio nella seconda Preghiera eucaristica, la più breve e la più utilizzata, notiamo una variazione subito dopo il Santo: là dove si diceva «Padre veramente santo», ora si prega dicendo: «Veramente santo sei tu, o Padre, fonte di ogni santità». Il cambiamento è minimo, ma collega meglio l’acclamazione del Santo con l’epiclesi, cioè la preghiera di invocazione dello Spirito, come se dicessimo, dopo il canto del Santo: «Tu sei veramente santo, tu sei fonte di ogni santità, e per questo motivo noi ti preghiamo: santifica questi doni…».

Nell’epiclesi, cioè nell’invocazione allo Spirito Santo sui doni che precede il racconto dell’ultima Cena, si è inserita una aggiunta per cui si pregherà con le seguenti parole: «Santifica questi doni con la rugiada dello Spirito perché diventino per noi il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo». Da dove viene questo riferimento alla rugiada? L’immagine della rugiada è biblica e rinvia all’ambiente della Palestina, nel quale la rugiada costituisce un bene prezioso, che supplisce l’assenza della pioggia: ancora oggi il dipartimento di meteorologia dello stato di Israele ha una sezione speciale dedicata allo studio della rugiada! Nell’Antico testamento, la rugiada è segno di benedizione che proviene dall’alto e permea ciò che tocca (la terra, il popolo). Con la ricchezza simbolica di questa immagine si vuole descrivere l’azione benedicente di Dio che si posa sull’uomo, e in particolare il dono dello Spirito che viene ad irrorare la terra dell’umanità. Lo Spirito scende come rugiada e si posa sul pane e sul vino, perché diventino il sacramento del corpo e del sangue di Cristo.

C’è poi un piccolo cambiamento nelle parole che introducono il racconto di consacrazione: «Egli consegnandosi volontariamente alla passione» (al posto di: «Egli offrendosi liberamente alla sua passione»). Il riferimento alla consegna rende meglio il verbo “tradere”, presente nelle stesse parole latine e nei vangeli. Altre variazioni sono state fatte anche nelle altre preghiere Eucaristiche.

Padre nostro
Nei riti di comunione spicca la nuova traduzione del Padre nostro, di cui tanto si è parlato. Qui le variazioni sono due: l’aggiunta di un «anche» rimetti a noi i nostri debiti, come «anche» noi li rimettiamo ai nostri debitori, e «non abbandonarci alla tentazione».
Si è cercato di tradurre più fedelmente il testo greco del vangelo, secondo la nuova traduzione della Bibbia Cei del 2008.
Infatti, l’originale greco usa un verbo che significa letteralmente “portarci, condurci”. La traduzione latina ‘inducere’ poteva richiamare l’omologo greco. Però, in italiano ‘indurre’ vuol dire ‘spingere a…’ in sostanza, far sì che ciò avvenga. E risulta strano che si possa dire a Dio ‘non spingerci a cadere in tentazione’. Insomma, la traduzione con “non indurci in…” non risultava fedele al testo greco del Vangelo.

Anche nella traduzione in altre lingue ci sono state molte discussioni. Ad esempio, in spagnolo, lingua più parlata dai cattolici nel pianeta, si dice ‘fa che noi non cadiamo nella tentazione’. In francese, dopo molti travagli, si è passati da una traduzione che era ‘non sottometterci alla tentazione’ alla formula attuale che è ‘non lasciarci entrare in tentazione’. Dunque, l’idea da esprimere è questa: il nostro Dio, che è un Dio buono e grande nell’amore, fa in modo che noi non cadiamo in tentazione.

Si è preferito tenere la parola tentazione piuttosto che prova. Infatti, il termine tentazione che si trova nella preghiera del Padre Nostro è lo stesso che viene usato nel Vangelo di Luca nel riferimento alle tentazioni di Gesù, che sono vere tentazioni. Allora, non si tratta semplicemente di una qualunque prova della vita ma di vere tentazioni, qualcosa o qualcuno che ci induce a fare il male o ci vuole separare dalla comunione con Dio e tra noi. Ecco perché l’espressione ‘tentazione’ è corretta ed il verbo che le corrisponde deve essere un verbo che faccia comprendere che il nostro Dio ci soccorre, ci aiuta a non cadere in tentazione. Non un Dio che ci tende una trappola.
Non si tratta di un cambiamento fine a se stesso ma di cambiare per pregare in maniera ancora più consapevole e vicina a quelle che sono state le intenzioni di Gesù.

Il dono della pace
Al posto dell’invito del ministro «Scambiatevi un segno di pace», la nuova edizione del Messale riporta l’invito «Scambiatevi il dono della pace». Il linguaggio del dono, che racchiude il senso profondo del Mistero eucaristico, sottolinea il fatto che, prima di essere un compito e un impegno, la pace del Signore, come la fede, la speranza e la carità, è un dono che proviene da Dio stesso attraverso l’azione di salvezza realizzata da Gesù con la sua passione morte e risurrezione.

Agnello di Dio
Tra le novità del Nuovo Messale c’è lo spostamento delle parole che accompagnano il gesto del mostrare l’ostia sollevata. Anziché la successione: «Beati gli invitati alla cena del Signore: ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo», troveremo la successione: «Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo. Beati gli invitati alla cena dell’Agnello». A ben vedere, si tratta di una triplice modifica. La prima è quella riguardante il gesto: prima si presenta l’Agnello («Ecco l’agnello di Dio»), poi si invita alla comunione («Beati gli invitati»). In questo modo si collega meglio il gesto della frazione del pane con il canto dell’Agnello di Dio fatto prima.

Si sono modificate anche le parole che invitano alla comunione: «Beati gli invitati alla cena dell’Agnello» (anziché alla «cena del Signore»), con un riferimento più puntuale al libro dell’Apocalisse 19, 9, dove è custodita questa beatitudine. La risposta dell’assemblea («O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa…») è rimasta invece invariata, nonostante il testo del Messale latino avesse una citazione più diretta di Mt 8,8: «Signore, non sono degno che tu entri sotto il mio tetto»”.

Poi il rito della Messa si conclude con i Riti di conclusione dove viene data all’assembla la Benedizione e il mandato missionario Andate in pace. Qui non ci sono state variazioni.

Per approfondire:

 


UN NUOVO MESSALE
PER VIVERE IN PROFONDITA’ L’EUCARISTIA  articolo 3

Questa terza scheda presenta alcuni aspetti della celebrazione dell’Eucaristia molto importanti che il Nuovo Messale ci aiuta riscoprire.
Domenica prossima inizieremo ad utilizzare il Nuovo Messale con l’inizio del tempo di Avvento.

A che cosa serve la celebrazione della Santa Messa?

La celebrazione serve a noi cristiani per farci diventare, sempre di più, Corpo di Cristo, a formare questo Corpo e quindi a edificare la comunità, la Chiesa che San Paolo descrive come “il corpo di Cristo”.
L’eucaristia è un incontro di presenze che aiutano a costruire questo corpo che è la comunione di tutti i credenti affinché portino l’unità nel mondo intero.

I riti d’Introduzione (il Segno di Croce, il Saluto, l’Atto penitenziale, il Gloria, la Colletta) hanno un carattere d’introduzione. Scopo di questi riti è che i fedeli riuniti formino una comunità.
“Il Signore sia con voi” sembra un augurio, però, badate, in latino non c’è “sia”, in latino è: “Dominus vobiscum”, “Il Signore è con voi”; è un annunzio!
Ma è vero che il Signore è con noi, quando siamo riuniti insieme? Certo! L’ha assicurato lui quando nel vangelo viene detto: “Dove sono due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro”; allora il sacerdote annunzia che Cristo è presente perché l’assemblea è riunita nel Suo Nome.
Nella Santa Messa, abbiamo cinque i modi di presenza di Cristo. Il Concilio dice che Cristo è presente nell’assemblea, Cristo è presente nel ministro, Cristo è presente nella Parola, Cristo è presente sotto le Specie Eucaristiche in sommo grado, Cristo è presente con la Sua potenza nei Sacramenti. E allora ce li abbiamo tutti in crescendo: si riunisce l’assemblea e Cristo è presente, arriva il ministro e Cristo è presente in lui, si ascolta la Parola e Cristo è presente nella Parola.
Il massimo è la Presenza di Cristo è la celebrazione dell’Eucaristia.
Cristo è presente, infine, nel popolo inviato a conclusione della celebrazione: nel mondo ogni credente è chiamato a rendere presente Cristo nella testimonianza dell’amore gratuito e generoso.

Il rito dice tutte queste presenze con un saluto ripetuto per 4 volte: “il Signore sia con voi”. All’inizio viene detto all’assemblea radunata. Poi viene detto prima dell’ascolto del vangelo. Ancora, prima del prefazio e dell’acclamazione del Santo e poi alla fine prima della benedizione. E’ un ritornello che invita l’assemblea a riconoscere che Cristo è presente in tutti questi modi e tutti sono in funzione dell’unità della comunità: “per la comunione al Corpo e Sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un corpo solo”.

Nella Preghiera Eucaristica domandiamo lo Spirito Santo. Gesù ci ha detto: “Se voi che siete cattivi sapete fare buoni doni ai vostri figli, quanto più il Padre vostro darà lo Spirito Santo a quelli che glielo domandano”. La Chiesa chiede lo Spirito Santo, ma lo chiede due volte.
La prima volta sul pane e sul vino poi sulla assemblea riunita quando diciamo: “e a noi che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio dona la pienezza dello Spirito Santo perché diventiamo, in Cristo, un solo corpo e un solo spirito”.
L’ideale sarebbe avere una sola ostia, un solo Pane che si spezza per tutti. Siccome richiede molto tempo e non si sa poi esattamente il numero delle persone presenti, allora c’è il Pane già spezzato prima, le ostie piccole. Ma l’ideale sarebbe che quell’ostia consacrata sia divisa almeno per alcuni, perché dividere significa condividere.

La partecipazione
Prima del Concilio, col vecchio Messale, si diceva che la Messa cominciava così: “Quando il sacerdote si è vestito dei paramenti esce dalla sacrestia”. Ora, invece, la celebrazione del rito comincia così: “Quando il popolo è radunato…” . Prima del concilio il Messale era il libro del prete, ora il Messale è il libro della comunità cristiana, per cui il prete non ha la preoccupazione di dire la sua Messa, ma di presiedere e quindi coinvolgere l’assemblea celebrante.
Per questo i vari momenti della celebrazione hanno l’obiettivo di aiutare coloro che vi partecipano a sentirsi parte della comunità.
Il canto fatto insieme, i gesti, le parole delle varie risposte dell’assemblea, il fatto che ci siano vari compiti (chi presiedere, chi legge, chi anima il canto, chi raccoglie le offerte ecc.); tutto serve a favorire la partecipazione.
Sarebbe sbagliato se tutto fosse fatto dal prete e la celebrazione dell’eucaristia non manifestasse invece una comunità unita e riunita dove ciascuno partecipa e alcuni hanno dei ruoli che contribuiscono a formare l’unico Corpo di Cristo che siamo noi.
Il Corpo di Cristo che riceviamo nella comunione è in funzione di costruire questo unico corpo di Cristo che è la comunità unita dall’amore.

Le parti della celebrazione

    La Santa Messa è divisa in 5 parti:

  1. I Riti d’Ingresso: dall’inizio fino alla colletta;
  2. Liturgia della Parola: dalla Prima Lettura fino al Credo
  3. Riti di Offertorio;
  4. Liturgia Eucaristica, intesa come Preghiera Eucaristica;
  5. Riti di Comunione

Due parti si chiamano liturgie. Le due parti principali della Messa: Liturgia della Parola, Liturgia Eucaristica. In queste due parti importanza hanno i testi, la Parola; o la Parola che Dio rivolge a noi o la Parola che la Chiesa, nella preghiera eucaristica, innalza a Dio.
In queste due parti l’assemblea sta ferma per unirsi alla preghiera o ascoltare la preghiera, mentre i tre riti – Ingresso, Offertorio, Comunione – non sono importanti per i testi, ma sono importanti per i gesti, per quello che si fa. E in questi tre riti l’assemblea non sta ferma, perché questi tre riti sono caratterizzati dal movimento. Vi sono infatti tre processioni: processione d’Ingresso, processione di Offertorio, processione di Comunione. Non sono sempre le stesse persone a procedere: all’Ingresso procedono i ministri, i sacerdoti. Poi all’Offertorio alcuni fedeli che portano le offerte; alla Comunione tutti quelli che fanno la Comunione.
Queste processioni sono accompagnate da un canto, un canto processionale che vuole favorire nell’assemblea il sentirsi uniti.
Tutti e tre questi riti, poi, sono conclusi da una preghiera del sacerdote: una prima della letture della Parola di Dio; una dopo l’offertorio e una terza dopo la comunione.

Ecco alcune parti che da domenica prossima diremo insieme ma con alcune modifiche:

Atto penitenziale

Confesso a Dio onnipotente
e a voi, fratelli e sorelle,
che ho molto peccato in pensieri,
parole, opere e omissioni,
(battendosi il petto)
per mia colpa, mia colpa,
mia grandissima colpa.
E supplico la beata
sempre Vergine Maria,
gli angeli, i santi
e voi, fratelli e sorelle,
di pregare per me
il Signore Dio nostro.

Gloria

Gloria a Dio nell’alto dei cieli
e pace in terra agli uomini,
amati dal Signore.
Noi ti lodiamo, ti benediciamo,
ti adoriamo, ti glorifichiamo,
ti rendiamo grazie
per la tua gloria immensa,
Signore Dio, Re del cielo,
Dio Padre onnipotente.
Signore, Figlio unigenito,
Gesù Cristo, Signore Dio,
Agnello di Dio, Figlio del Padre,
tu che togli i peccati del mondo,
abbi pietà di noi;
tu che togli i peccati del mondo,
accogli la nostra supplica;
tu che siedi alla destra del Padre,
abbi pietà di noi.
Perché tu solo il Santo,
tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo:
nella gloria di Dio Padre. Amen.

Padre Nostro

Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi
li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci
alla tentazione,

ma liberaci dal male.